lunedì 9 maggio 2011

IN NOME DEL POPOLO SOVRANO

E' necessario fare molta chiarezza riguardo l'aspetto giuridico collegato agli attuali referendum, per evitare che la confusione che è stata intenzionalmente creata attorno ad essi abbia il suo perverso effetto, quello cioè di indurre molti elettori a disinteressarsene e a non recarsi alle urne credendo che "ormai" lo scippo sia riuscito.  
Pubblichiamo perciò con immenso piacere l'intervento inviatoci dall'Avv. EUGENIO OROPALLO (cassazionista), che segue.
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In nome del popolo sovrano

Non è una novità che il sistema politico italiano stia scivolando lentamente ma inesorabilmente verso una deriva autoritaria. Non è un caso che ormai il governo attuale legiferi a colpi di decreti-legge, forte della larga maggioranza di cui gode in Parlamento il quale di fatto è espropriato dei legittimi poteri che gli sono attribuiti dalla Costituzione, in primis quello di legiferare. Non è un caso che il Presidente del Consiglio ha accentrato, sua sponte, una serie di poteri che non gli spettano, sottraendo al controllo costituzionale degli altri organi dello Stato il volume di spesa della Presidenza.
La vicenda recente dei referendum abrogativi ne è la più aperta conferma.
 Il governo che – tramite il suo Presidente – si appella continuamente al responso del corpo elettorale per legittimare il suo primato politico, non ha ritenuto questa volta che gli elettori fossero in grado di poter esprimere il loro personale convincimento perché negativamente condizionati, a parere del Governo, dalla recente tragedia di Fukushima.

Ma veniamo a chiarire innanzitutto la vicenda sotto il profilo giuridico. Sulla scorta della richiesta di referendum firmata da oltre due milioni di cittadini, senza il sostegno dei partiti, la Corte Costituzionale con pronuncia n. 28 del 26.1.2011 dichiara “ammissibile la richiesta di referendum abrogativo dell’art. 23 bis l. 25.6.2008 n. 112 e con modificazioni, nella l. 6.8.2008 n. 133, limitatamente alle seguenti parti: art. 7 comma 1, lett. d) realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare; della l. 23.7.2009 n. 99, limitatamente alle seguenti parti: art. 25 comma 1°, limitatamente alle parole: “della localizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare” e di altri provvedimenti analoghi sempre riferibili al piano nucleare del governo.
Si tratta, in concreto, di verificare se sia legittima o meno la scelta del nucleare dell’attuale governo, in antitesi a quanto gli italiani avevano già deciso in precedenza quando avevano chiaramente espresso la loro volontà di rinunciare al nucleare.
Oltre che sul nucleare, il referendum toccava altri due punti della politica attuale del governo: la privatizzazione dell’acqua (2) e il legittimo impedimento. Sono questi i quesiti su cui il corpo elettorale è stato chiamato ad esprimersi.
Con successivo decreto del Presidente della Repubblica del 23.3.2011 viene indetto il referendum popolare per l’abrogazione parziale dei testi normativi sopra richiamati per cui successivamente viene fissata la data del 12 giugno per lo svolgimento del test referendario.

Sennonché, a sorpresa con successivo decreto legge del 31.3.2011, il Governo all’art. 5 stabilisce che allo scopo di acquisire ulteriori evidenze scientifiche sui parametri di sicurezza…per un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto resta sospesa l’efficacia delle disposizioni”.
In pratica, si tratta di una moratoria delle norme che si ritenevano abrogare per cui, secondo l’avviso espresso dal Governo, non v’è più motivo di ricorrere al referendum abrogativo essendo sospesa l’efficacia delle norme.
Avviso dal quale ci sentiamo, sul piano strettamente giuridico, di dissociarci in quanto la sospensione dell’efficacia della norma non è sinonimo di abrogazione della norma per cui è da ritenersi legittimo il ricorso al referendum.

L’obiettivo di questa maldestra manovra del Governo in carica viene rivelato dallo stesso Presidente del Consiglio il quale candidamente ha dichiarato che la manovra anti-referendum era solo un espediente per aggirare l’emozione sollevata dal disastro di Fukushima, per riprendere poi il programma nucleare di qui a qualche anno quando l’opinione pubblica potrebbe essere più disponibile per una ripresa del nucleare.

Si tratta dell’ennesima truffa giocata agli elettori, privati del loro potere – quello riconosciuto costituzionalmente – di poter incidere sulle scelte del legislatore. Anzi, è stato ripetutamente affermato che quello del referendum è l’unico strumento di democrazia diretta per cui questo tentativo di limitare la volontà del corpo elettorale ci sembra davvero clamorosa.

Ancora, per una corretta analisi, c’è da aggiungere che la Corte Costituzionale fin dal 1978 ha ribadito che è possibile non tenere più il referendum solo quando siano stati del tutto abbandonati “i principi ispiratori della complessiva disciplina preesistente” e ciò si può ragionevolmente escludere a fronte del tenore letterale dell’emendamento sul nucleare adottato dal Governo, che si limita solo a sospendere per un anno l’efficacia della norma.
Certo è che l’Ufficio Centrale del referendum potrebbe essere chiamato a pronunciarsi ancora sull’ipotesi referendaria per cui la partita può dirsi tutt’altro che chiusa, come vorrebbe il Governo in carica.

Al contrario, riteniamo che esistano buoni e legittimi motivi che il referendum venga confermato.
A meno che non si voglia far passare questo ennesimo abuso di potere nei confronti dei cittadini cui si vuole impedire di far sentire la propria voce, quale che sia la loro opinione.


Cesena – maggio 2011


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